La nostra avventura sulla Magna Via Francigena Siciliana inizia nella splendida Palermo, tra palazzi e chiese che ci ricordano la grandezza del regno delle due Sicilie, i mercati che ci portano a immergerci nei colori e nei profumi di questa incredibile e accogliente città.
Il primo giorno dopo aver visitato Palermo prendiamo il bus e la lasciamo alle spallle attraversando la Conca d’Oro e raggiungendo Piana degli Albanesi passando prima da Portella della Ginestra, luogo tristemente famoso e legato al 1°maggio del 1947 e al bandito Giuliano scorgiamo dall’alto Piana degli Albanesi paese fondato nel 1488 da Albanesi rifugiatisi in Italia per sfuggire il predominio turco, e detta dei Greci perché questa colonia professava la religione cattolica di rito greco, rimase alle dipendenze feudali dell’arcivescovo di Monreale fino al 1767.
Dal 1937 è sede della diocesi greco-cattolica che ha giurisdizione su tutte le chiese di rito bizantino greco della Sicilia. È la più popolosa e importante colonia albanese di Sicilia. Proseguiamo verso il bosco della Ficuzza, dove i Borboni avevano la loro riserva di caccia, da qui inizia il nostro trekking, attraverso la vecchia ferrovia arriviamo alla cittadina di Corleone in serata
Corleone è un nome che ci riporta alla mente fatti legati alla mafia ma arrivando in questa città apprezziamo la sua accoglienza e le numerose bellezze architettoniche che ci offre. Del periodo Arabo – Normanno il castello Soprano con la torre Saracena e il castello Sottano che ospita l’Eremo francescano di san Bernardo. Numerose le chiese che simboleggiavano il potere forte delle famiglie nobili, molto interessante il laboratorio della legalità e centro sulla documentazione della mafia e dell’antimafia. Tra le colline dove si coltivano grano e cereali arriviamo al lago di Prizzi “colei che accende il fuoco”, poi saliamo alla sua rocca e alla montagna dei cavalli, l’antica Hippana.
Il secondo giorno dopo una visita al Paese proseguiamo concedendoci una variazione al percorso classico e puntiamo verso Palazzo Adriano, nella memoria di ognuno di noi, per essere lo scenario di “Nuovo cinema paradiso” di G.Tornatore, Nel pomeriggio facciamo una passeggiata fino alla pietra di Re Salomone nel cuore del parco dei monti Sicani.
E siamo al terzo giorno quando il nostro viaggio prosegue verso Santo Stefano a Quisquina, che nasce come villaggio agro-pastorale attorno alle sorgenti di Capo Favara a 732 m, e all’eremo di Santa Rosalia, sotto il monte delle Rose avvolto da castagneti accoglie i pellegrini nella quiete delle sue pietre, una piacevole pausa di meditazione.
Dopo aver rasserenato lo spirito, al quarto giorno, il nostro viaggio riprende verso Castronovo di Sicilia, le sue lontane origini trovano conferma nell’esistenza di un insediamento arcaico costituito da abitazioni trogloditiche nella contrada Grotte, sulle sponde del fiume Platani, riconducibili al popolo sicano. Fu chiamata Kars-nubu dagli arabi, fino a divenire Castrum per i normanni. All’inizio del XII secolo, dopo la distruzione della cittadella sulla rupe, parte della popolazione si trasferì nella sottostante collina, dove sorsero due borgate intorno a due ricche sorgenti: il Rabat e il Rakal-biat. È da questi due borghi che sorse l’attuale centro urbano. La vera e propria città sull’altopiano del Kassar fu fondata nel IX secolo d.C.
Ci trasferiamo a Sutera segnalata nei borghi più belli d’Italia, l’area è abitata sin dal VII secolo a. C., come dimostra il ritrovamento, a pochi chilometri dall’odierno centro urbano, di sepolture pre-elleniche attribuite a un villaggio sicano. Il paese è collocato intorno alla Montagna di San Paolino: si tratta di una grande roccia monolitica gessosa sulla cui vetta vi è il santuario omonimo in cui vengono custodite, in due antiche urne, le reliquie dei santi compatroni del paese: San Paolino,Sant’Onofrio e Sant’Archileone, il quartiere del Rabato è di origine araba e come si traduce dal suo nome si trova fuori dalle mura.
Il quinto giorno ci dirigiamo a Milena dall’arabo Mulok – Milocca poi venne dedicato il paese a Milena suocera del re d’italia Vittorio Emanuele III, zona archeologicamente molto importante, formata dalle varie Robbe che erano i possedimenti feudali e clericali dati in affitto ai contadini. Arriviamo a Rocalmuto paese di miniere di sale, e di Leonardo Sciascia, il nome del paese deriva probabilmente dall’arabo Rahal Maut che si traduce “Villaggio morto“, perché quando gli arabi vi giunsero, trovarono la popolazione quasi sterminata dalla peste. Il paese si sviluppò attorno al castello di Chiaromonte nel periodo Normanno.
Ripartiamo il sesto giorno da Racalmyto per arrivare a Jòppolo Giancaxio il primo centro abitato sorto nell’alta valle dell’Akragas (venne fondata, secondo le ricostruzioni storiche, nel 581 a.C., da alcuni coloni greci provenienti dalle isole di Rodi e Creta).
Il paese si sviluppa intorno alla rupe dove sorge il castello fatto costruire dai principi Colonna, di stile neogotico-mediterraneo, è stato costruito interamente con pietrame calcareo del luogo. Si deve all’architetto Francesco Paolo Palazzotto intorno al 1894 l’attuale trasformazione. Famoso il melone giallo tipico di queste campagne e il Pistacchio di Raffadali DOP che si coltiva anche qui.